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“È stupido e privo di senso”: i sviluppatori detestano con tutto il cuore il termine più utilizzato e ossessivo dell’industria videoludica: Tripla A.

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Il concetto di “Tripla A” nei videogiochi: un mito da sfatare?

Il termine “Tripla A” è spesso associato a videogiochi con enormi budget, ma la sua definizione è da tempo oggetto di dibattito. Se guardiamo indietro, uno dei primi titoli a essere considerato un “blockbuster” fu Final Fantasy VII, con un budget di 40 milioni. Oggi, i giochi Tripla A possono costare dieci volte di più. Tuttavia, esperti del settore sollevano dubbi sul valore e l’impatto di questo termine su giochi e giocatori.

Il controverso passato e presente di una definizione

Molti discutono le origini e il significato di questa etichetta. Nonostante FF VII fosse tra i primi, non fu il primo gioco pensato come un successo di massa. Alcuni sviluppatori hanno condiviso le loro esperienze in un articolo di GamesRadar, evidenziando sia i benefici che i limiti dell’etichetta. La popolarità del termine negli anni ’90 sembra derivare dalle classificazioni creditizie americane e si è diffusa come sinonimo di produzioni cinematografiche ad alto budget.

Una visione critica dall’interno dell’industria

Charles Cecil, cofondatore di Revolution Studios, ricorda l’introduzione del termine durante un meeting presso Virgin Interactive, California. Per lui, “Tripla A” rappresenta più una ossessione aziendale per il profitto che un impegno creativo. “Era un’epoca oscura per gli studi indipendenti”, afferma, notando che molti editori davano priorità ai guadagni piuttosto che allo sviluppo creativo. Sebbene ammiri giochi come Grand Theft Auto, considera l’etichetta “stupida e insensata“.

Il dibattito sulla rilevanza contemporanea

Il direttore di ID@Xbox, Chris Charla, trova difficile definire il termine. Ricorda come, all’inizio della sua carriera giornalistica, “Tripla A” venisse usato in modo dispregiativo. Adesso, rispecchia il tentativo dell’industria di distinguersi dai valori di produzione cinematografici. Questa narrativa di aspirazione è stata rilevata anche da sviluppatori come Alex Hutchinson.

Implicazioni e prospettive future

La confusione sulla corretta interpretazione del termine “Tripla A” è evidente anche tra gli sviluppatori esperti. James Dobrowski, fondatore di Sharkmob London, osserva come all’interno del suo team i criteri varino: alcuni legano il termine a budget massicci, altri a grafica superiore. Oggi, giochi più piccoli possono competere graficamente con titoli di grandi dimensioni grazie a strumenti tecnologici più accessibili, creando una situazione complicata per le produzioni minori.

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Secondo Kish Hirani, veterano dell’industria, richiedere esperienza in giochi “Tripla A” nei requisiti lavorativi può scoraggiare candidati talentuosi. Ciò dimostra come un’etichetta mal definita possa escludere sviluppatori potenzialmente validi. Hutchinson ritiene che parlare di videogiochi in termini finanziari possa allontanare i giocatori e ridurre un’esperienza culturale ricca a un semplice calcolo economico.

Nonostante le critiche, alcuni credono che “Tripla A” rimanga rilevante per identificare i giochi più significativi dell’industria. Charla sostiene che questi titoli rappresentano momenti culturali chiave. Tuttavia, altri avvertono che l’ossessione per questa categoria risulta dannosa in un momento di transizione, limitando la creatività e promuovendo un modello che privilegia il commerciale sull’artistico.

Ubisoft ha tentato di spostare il concetto da Tripla A a Quadrupla A con Skull and Bones per attirare l’attenzione sui loro progetti. Al momento, il futuro del termine “Tripla A” è in discussione, ma è chiaro che l’industria deve riflettere sul suo utilizzo, significato e impatto in una situazione così complessa.

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